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Roberto Zanda il corridore bionico

Ironamn Zanda

Roberto Zanda è un runner di origine sarda, ex paracadutista, noto al mondo della corsa ed in particolare a quello delle ultramaratone. In molti però lo hanno conosciuto per la sfortunata disavventura occorsa durante una delle sue leggendarie imprese: la notte del 6 febbraio, al sesto giorno della Yukon Arctic Ultra, la più estrema ultramaratona al mondo, si è smarrito nel sogno allucinato dell’ipotermia. Ha vagato in una foresta per 14 ore a meno 50 gradi senza scarpe e senza guanti. Ha lasciato pezzi di sé fra il Canada e l’Alaska. Salvato da una motoslitta che ha dato l’allarme, è stato portato in ospedale dove ha subito l’amputazione delle gambe e delle mani. Ha trascorso 5 mesi in ospedale e 12 operazioni prima di uscire con due protesi alle gambe ed un braccio bionico. Sulle gambe artificiali si è fatto mettere le bandiere dei posti dove ha corso, mentre il braccio bionico permettere all’ultramaratoneta di compiere 36 movimenti. Gli arti sono stati un omaggio da parte dell’Officina Ortopedica Maria Adelaide.

Nonostante quanto successo, “massiccione” Zanda, cosi come viene soprannominato, è intenzionato a riprendere la vita di prima. Un uomo che non si pone limiti, nemmeno quando il destino ti toglie piedi e mani.  E leggendo queste parole sulla sua pagina Facebook, non stentiamo a crederci:

‘Un giornalista mi ha chiesto cosa sono per me le ultramaratone. Ho risposto che sono un bel gioco che può fare chiunque dopo un lungo allenamento, determinazione nel raggiungere un obiettivo e sacrificio, poi c’è chi e’ disposto a superare i propri limiti che significa rischiare di fare i conti con un altro tipo di sport estremo che non consiglio se non si è strutturati mentalmente perché il rischio è molto grande. Mi ha chiesto se ho rispetto per la vita e gli ho detto che la difendo con tutte le forze; quella notte per la vita ho fatto un incontro all’ultimo sangue con il dio freddo, l’alternativa più semplice sarebbe stata sedermi e lasciarmi andare, ci avrei messo poco visto che non avevo riparo e la cerniera della slitta era incastrata e neppure con i denti potevo aprirla per prendere il sacco a pelo e accendermi un fuoco. Sapevo che avrei perso mani e piedi, era evidente, ma la testa e il cuore non li ho barattati anche quando le allucinazioni mi hanno fatto vedere cose irreali. Poi mi ha chiesto cosa consiglio a un dilettante che si avvicina per la prima volta alle ultra, gli ho risposto che anche io sono un dilettante, lo sono sempre stato, ma mi sono addestrato a toccare il fondo che ero un bambino e questo mi ha reso un combattente.”

 

 

(Credits immagine principale ANSA)

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