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Siamo tornati a correre con un pettorale

L’ultimo post risale a più di un anno fa. Era il 13 marzo 2021. Poche semplici righe per dire che non ci eravamo persi. Ma la verità è che un pò ci siamo persi. Perché questi ultimi due anni ci hanno costretti a fermarci, chi più chi meno, ed inevitabilmente hanno limitato fortemente il nostro stare insieme correndo. Ma domenica scorsa è successo: siamo tornati a correre. Con un pettorale.

A dire la verità era successo anche lo scorso ottobre a Varese, ma non aveva lo stesso sapore. Quello della domenica di primavera, senza lockdown, senza troppe restrizioni seppure con la mascherina al braccio. Quel sapore di rituali: il ritiro pettorale, la foto di rito, lo sparo e l’onda di runners che attraversano la linea di partenza.

Un forte vento del giorno prima ed un albero che cade sul percorso aveva rischiato di compromettere la festa, la nostra festa. Quasi come a voler dire: non è ancora il momento.

Ma siamo tornati a correre. E poco importa del tempo, del passo al km, della distanza percorsa. Basta correre.

Ah. eravamo al parco di Monza alla Monza Run Free.

Che bello.

Quando corro, semplicemente corro. In teoria nel vuoto. O viceversa, è anche possibile che io corra per raggiungere il vuoto. In quella sospensione spazio-temporale, pensieri goni volta diversi si insinuano naturalmente nel mio cervello. È naturale, perché nell’animo umano non può esistere il vuoto assoluto.

Haruki Murakami, L’arte di correre

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Riccardo Quaglia

Runner per caso. Spanky Runner convinto.

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